Al di là dei criteri diagnostici, oggi, si sa che l’autismo è un disturbo neurocomportamentale su base organica in cui coesistono aspetti neurologici, genetici, psicologici e psichiatrici. Questa multifattorialità costringe noi operatori ad un approccio a diversi livelli, ad una collaborazione stretta e sinergica con diverse professionalità, all’imprescindibile costruzione di una rete al cui centro ci sia la persona con autismo.

Di questa condizione, tuttavia, si sa ancora relativamente poco. A tal proposito il prof. Pierluigi Politi presentando il concerto dell’“Orchestra Invisibile” (Cascina Rossago) a Mortara (PV) ha detto:

“Si sa com’è ma… non sappiamo ancora bene cosa sia”.

Non se ne conosce l’esatta causa, per esempio.

Ciò nonostante, alcune caratteristiche sono state individuate ed è proprio su questi punti fermi che si basa un buon intervento riabilitativo, centrato sulla quotidianità e sul miglioramento della qualità di vita.

Si sa che l’autismo non è un unico disturbo ma un’ampia gamma di disturbi sociali e comunicativi la cui manifestazione dipende dalla presenza o meno di insufficienza mentale e/o epilessia, personalità individuale, contesto di vita ed esperienze di vita. Ogni persona con autismo, quindi, è una storia a sé: sintomatologia, interventi riabilitativi, esperienze familiari e di vita sono preziosissimi dati per strutturare un intervento ad hoc non solo sulle caratteristiche specifiche dell’autismo, ma anche, e soprattutto, sulle caratteristiche specifiche di quella persona con autismo.

Sottolineare le profonde differenze individuali che caratterizzano l’autismo è molto importante perché aiuta a comprendere che un intervento o una proposta, per aver successo, devono essere individualizzati, tarati sulla singola persona e sulle sue esigenze. A livelli di gravità diversi corrispondono diversi bisogni di facilitazione, e non solo: ogni persona autistica è diversa da un’altra, ma la stessa persona, nel corso del tempo, ha bisogni, risorse e difficoltà che cambiano.

Un’altra certezza oggi maturata è che, nonostante la sintomatologia sia stata descritta nei bambini,  l’autismo dura tutta la vita. Dall’autismo, quindi, non si guarisce. Attraverso interventi tarati ad hoc e contesti adeguati si può, però, notevolmente migliorare la qualità di vita di una persona.

Un bambino autistico è destinato, dunque, a diventare un adolescente autistico prima e un adulto autistico poi. Ogni fase della vita è caratterizzata da bisogni e comportamenti. Nel corso del tempo alcune manifestazioni migliorano mentre altre peggiorano. Il passaggio da un’età all’altra richiede la messa in discussione di equilibri precedentemente raggiunti e la ricerca di nuovi.

Dell’autismo si sa che è una condizione umana risultante da un sommarsi di fragilità; accanto a queste, però, coesistono punti di forza ed abilità, e questa è una certezza che ci viene confermata quotidianamente. In alcune persone, non tutte, emergono degli “isolotti” di capacità, ovvero aree di competenza che rispetto allo sviluppo cognitivo complessivo della persona risultano eccezionalmente sviluppate.  Si tratta di informazioni fondamentali: fare leva su delle abilità già esistenti favorisce la motivazione delle persone con autismo e la successiva adesione alle proposte riabilitative.

Al centro del lavoro riabilitativo, quindi, soggettività, motivazione, realizzabilità.